Quante verità su Partenope?

Chi è Partenope? Un mito, una leggenda o una figura realmente esistita? 

Per i molti è colei che diede il nome alla città di Napoli ed è anche per questo che i Napoletani si chiamano Partenopei.

Ma su Partenope aleggia ancora un forte mistero… anche se sulla sua figura si intrecciano storie, fatti, curiosità che la rendono ancora ad oggi più che mai vivente e presente!

Si… perché a Napoli non è molto difficile imbattersi in Partenope. A me capita spesso di incontrarla nel quartiere Materdei, nel centro storico, ma ben nascosta alla vista di molti.

Si tratta di un murales, la “nuova Partenope”, realizzata questa estate dall’artista Bosoletti, che l’aveva già raffigurata otto anni prima in questo stesso luogo.

L’opera di Street Art riprende la primordiale iconografia che voleva identificare Partenope in una creatura mostruosa, metà donna e metà uccello con le zampe di un’Arpia, ma allo stesso tempo quest’opera di Bosoletti ha una sua dolcezza e a tratti produce sentimenti di protezione.

Questa antica raffigurazione mostruosa  con il tempo, a partire dal  Medioevo, ha poi ceduto il passo a quella di una Sirena, metà donna e metà pesce.

Ad entrambe le iconografie, tanto quella di mostro alato che di sirena, la leggenda lega l’indiscusso canto “da usignolo”, a cui nessuno può resistere e che spesso può persino portare alla morte.

Descritta come Dea alata, la si rintraccia nel Mito di Cassandra, nel poema databile al III sec. a. C., di età ellenistica, attribuito a Licofrone di Calcide, in cui appare anche la figura di Ulisse, che nel suo viaggio incontra strane Arpie, che ammaliano con il loro canto. Nessuna traccia, vi è però, in Licofrone del termine Sirene. 

Ad ogni modo pare che la tradizione mitografica faccia risalire l’identificazione di Partenope con una delle tre Sirene figlie di Acheloo, divinità fluviale. E’ da qui che la figura di Uccello si sovrappone a quella della Sirena, facendo sparire le ali e lasciando la coda di pesce e che ormai troviamo come maggiore raffigurazione anche nell’arte rinascimentale e barocca.

Ritornando alla Sirena, che seduce (da se – ducere, condurre a sé) con il canto, sappiamo che solo Ulisse riuscì a resistere, come narrava Omero, attraverso un’astuzia consigliata dalla maga Circe:

“Vai! Il mare ti attende, tra insidie e pericoli, celate sotto maliarde fattezze. Attento alle Sirene Ulisse, stupende creature! Tappa le orecchie con cera, anche ai tuoi uomini… non sfidare il loro canto, attento alla Sirena Partenope che saprai distinguere, vedrai!”

Il mito narra che la furbizia di Ulisse le fece talmente incollerire che le tre Sirene deluse e sconfitte si lasciarono precipitare, schiantandosi sugli scogli; in particolare, il corpo di Partenope fu trasportato dalle correnti marine fino all’isolotto di Megaride, dove oggi sorge il Castel dell’Ovo, ritrovato da alcuni pescatori. Da quel momento la Sirena Partenope fu adorata come una Dea, divenendo protettrice del luogo e dando al piccolo villaggio il suo nome. 

Nel tentativo di dare una spiegazione più razionale a questa figura, alcuni studiosi hanno supposto che la Sirena Partenope faccia riferimento, in chiave più naturalistica, all’uccello marino che un bel po’ di secoli fa nidificava e abitava i nostri mari, la Berta Maggiore (Calonectris diomedea), in Sicilia chiamata anche Sirena, che produce un canto simile al pianto d’un bimbo. Cercando così di spiegare, come spesso questi suoni simili a “vagiti disperati” distraessero i marinai che pericolosamente rischiavano la vita, schiantandosi sugli scogli.

In realtà, il primo vero legame tra Napoli, Partenope e le Sirene, lo si rintraccia nei Punica di Silio Italico del I sec. d.C., ma viene anche raccontato da Virgilio nell’Eneide.

I luoghi di Partenope

La stessa città di Napoli ricalca il corpo della vergine Sirena, lo scrive Francesco Palmeri nel suo libro l’ Incantevole Sirena Napoli Misteriosa, magica, feroce:

“Dalla coda, tra Posillipo e Mergellina, passa per il centro antico dove c’è la statua alessandrina del dio Nilo detta non a caso Corpo di Napoli. Continua verso la testa, come ancora suggeriscono le vie dello stradario: Sant’Aniello a Caponapoli, Capodimonte, Capodichino.”

Ma molti, il suo corpo e volto, lo scorgono anche nella forma dell’Isola di Capri, la sirena distesa sul golfo con la testa ad oriente e i piedi ad occidente!

Come vi dicevo però, Partenope è più viva e vera che mai a Napoli, sono molte le sue rappresentazioni, molti gli artisti che nei secoli l’hanno ritratta, scolpita, spesso la si vuole trovare anche sotto altre sembianze: come Santa Patrizia, Patrona della città, o la testa di una statua greca ribattezzata dal popolo  Marianna ‘a capa ‘e Napule che secondo lo storico Celano rappresentava Partenope eretta nell’antichità sulla piazza maggiore della città, spostata a pochi metri dalla Chiesa di San Giovanni a Mare nelle prossimità di Piazza Mercato, più famosa della Madonna Bruna del Carmine, coinvolta nella rivolta di Masaniello (di cui l’originale è di nuovo presente all’interno di Palazzo San Giacomo, sede del Comune di Napoli). 

Marianna ‘a capa ‘e Napule

Ritroviamo poi la raffigurazione con le sembianze di donna-uccello di Partenope, nella Fontana della Spinacorona, conosciuta dai napoletani come “Fontana delle Zizze”, da cui sgorga l’acqua (ma in realtà è il latte) che spegne le fiamme del Vesuvio (rappresentazione del potere politico non attento alle esigenze della popolazione che spesso si ribellava ad esso), perché tale è la bellezza di Partenope che nemmeno il Vesuvio riuscirà a farla sparire sotto la sua lava; spiegazione scritta in una lapide di marmo (ormai scomparsa) con l’incisione, attribuita all’umanista Antonio Epicuro:  Dum Vesevi Syrena Incendia Mulcet (Mentre la Sirena Mitiga l’ardore del Vesuvio). La fontana fu voluta nel XVI sec. da Don Pedro de Toledo, che la fece realizzare da Giovanni da Nola. È ubicata in via Giuseppina Guacci Nobile, nei pressi della sede storica dell’Università Federico II, come protettrice della città di Napoli, copia però dell’originale presente al Museo di San Martino.

Fontana Spinacorona – Via Guacci Nobile

 

Fontana Spinacorona

E proprio nel Museo di San Martino le Sirene sono incise nel legno di due tronetti da battello portati da Capodimonte, nella sezione Navale del Museo.

A pochi passi da esso, su una delle più famose ville liberty di Napoli, il Villino Elena e Maria in via Tito Angelini 43, all’ingresso secondario, a cui si accede con una scalinata per il belvedere, si ergono colonne e fregi con una Sirena sorridente e un distico inciso all’architrave, che dice appunto: «Mirate qui Napoli Nobilissima, L’ incantevole Sirena»

Villino Elena e Maria, 1904, Napoli

Art Nouveau World

Ancora nel 1924 fu sistemata a piazza Sannazaro, in occasione dell’inaugurazione della Galleria Laziale, la galleria che collega Mergellina a Fuorigrotta, non lontano dall’isolotto di Megaride dove ora sorge il Castel dell’Ovo e punto di approdo della Sirena leggendaria, una fontana dedicata a Partenope con la lira rappresentata come una Sirena, chiamata appunto Fontana della Sirena.

La Fontana fu realizzata dallo scultore Onofrio Buccini nel 1869 per ornare i giardini della stazione ferroviaria di Mergellina. Partenope è rappresentata come Musa del Canto che stringe una lira con il braccio destro, mentre il sinistro è puntato verso l’alto.

È in realtà un gruppo marmoreo composto da una vasca circolare nella quale si erge un grande scoglio con quattro animali marini: un cavallo, un leone, un delfino e una tartaruga, simboli di tradizioni iniziatiche, oltre ad alcune piante acquatiche, che sollevano la sirena con la coda avvolta intorno ai fianchi.  

Fontana della Sirena a Piazza S.Nazzaro

Ma più che la sua immagine, molti studiosi e storici hanno cercato e ancora cercano la tomba di Partenope.

Svariate sono le ipotesi, c’è chi colloca il suo sepolcro presso la Basilica di San Giovanni Maggiore, non troppo distante dalla Fontana Spinacorona, dove fu ritrovata una lapide con su scritto: ….“Partenopem tege fauste”: “Proteggi Felicemente Partenope”, ma molto probabilmente era un’invocazione fatta al Creatore o a S. Giovanni a protezione della Città.

Lo Storico Celano, lo colloca nella Chiesa di S. Aniello A Capo Napoli, ubicata nel luogo dove fu fondata Neapolis: la “nuova città” dei Greci, che si spostarono dal Monte Echia e Pizzofalcone, zona ritenuta più sicura dagli attacchi dei nemici.

E inoltre proprio su questa area e dai resti dell’antica Acropoli sembra provenga la testa di donna detta “Marianna ‘a capa ‘e Napule”, citata all’inizio, forse reperto archeologico del tempio dedicato alla Sirena Partenope.

Resta il fatto che né le spoglie né la tomba di Partenope sono mai state trovate.

La leggenda si mescola alla storia e viceversa, per avere un’interpretazione conclusiva ci vengono in aiuto le parole di Matilde Serao, che nel suo libro Leggende Napoletane scrisse: 

Se interrogate uno storico, o buoni ed amabili lettori, vi risponderà che la tomba della bella Parthenope è sull’altura di San Giovanni Maggiore, dove allora il mare lambiva il piede della montagnola.
Un altro vi dirà che la tomba di Parthenope è sull’altura di Sant’Aniello, verso la campagna, sotto Capodimonte. Ebbene, io vi dico che non è vero. Parthenope non ha tomba, Parthenope non è morta. Ella vive, splendida, giovane e bella, da cinquemila anni. Ella corre ancora sui poggi, ella erra sulla spiaggia, ella si affaccia al vulcano, ella si smarrisce nelle vallate.
È lei che rende la nostra città ebbra di luce e folle di colori: è lei che fa brillare le stelle nelle notti serene; è lei che rende irresistibile il profumo dell’arancio; è lei che fa fosforeggiare il mare.
Quando nelle giornate d’aprile un’aura calda c’inonda di benessere è il suo alito soave: quando nelle lontananze verdine del bosco di Capodimonte vediamo comparire un’ombra bianca allacciata ad un’altra ombra, è lei col suo amante; quando sentiamo nell’aria un suono di parole innamorate; è la sua voce che le pronunzia; quando un rumore di baci, indistinto, sommesso, ci fa trasalire, sono i suoi baci; quando un fruscìo di abiti ci fa fremere al memore ricordo, è il suo peplo che striscia sull’arena, è il suo piede leggiero che sorvola; quando di lontano, noi stessi ci sentiamo abbruciare alla fiamma di una eruzione spaventosa, è il suo fuoco che ci abbrucia. È lei che fa folleggiare la città: è lei che la fa languire ed impallidire di amore: è lei la fa contorcere di passione nelle giornate violente dell’agosto.
Parthenope, la vergine, la donna, non muore, non muore, non ha tomba, è immortale, è l’amore. Napoli è la città dell’amore.

Foto di copertina: Partenope, la Sirena Ciaciona dell’artista Trallalà

Questo è un articolo interattivo, clicca sui testi in verde presenti sulle immagini e nel testo e scoprirai di più sulle opere e sugli autori!

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.