Street Art: storia di un’evoluzione (?)

Incipit

Francesco Bosoletti, Partenope, 2023, Napoli, Italia - © Tania Talamo

In una giornata afosa d’estate, ti ho visto passando laddove prima non c’eri, mi è sembrato cadessi dal cielo, da dove vieni?

Francesco Bosoletti, Partenope, 2023, Napoli, Italia – © Tania Talamo

La tv ha fatto sembrare inutile andare a teatro, la fotografia ha praticamente ucciso la pittura, ma i graffiti sono rimasti gloriosamente incontaminati dal progresso”. Banksy

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Gli uomini fin dagli albori della loro storia hanno trovato il modo di rappresentare la loro vita, le loro idee e i loro desideri attraverso segni, simboli e immagini, fatti non tanto a uso personale, quanto piuttosto con l’intento di interfacciarsi con altro da sé, anche semplicemente per chiedere la realizzazione di un desiderio.

Artista sconosciuto, Secondo toro, (ca. 14.000 a. C.),

Grotte di Lascaux , Lascaux, Francia

Con il passare dei secoli, il vivere umano si è evoluto e con lui il suo sistema sociale, il suo modo di occupare e vivere lo spazio che lo circonda. Le tecniche di rappresentazione hanno continuato a svilupparsi e hanno trovato supporti nuovi e diversi: alle pitture o incisioni su pareti naturali sono subentrati gli affreschi nei palazzi, alle lastre in pietra o ai manufatti in argilla si sono sostituite più pratiche tavole o tele. La pittura, da semplice strumento di rappresentazione e comunicazione, si è trasformata in arte, divenendo dimostrazione dell’abilità e genialità dei suoi esecutori, oltre che simbolo della ricchezza e opulenza dei suoi mecenati. Nell’epoca moderna, tra la seconda metà del XV secolo e la fine del XVIII, complici tecniche e materiali, l’arte pittorica ha raggiunto un’amplissima diffusione, creando allo stesso tempo un legame fortissimo con la storia dei popoli.
Nelle corti d’Europa, nei conventi, nelle chiese, il connubio tra pittura e potere politico si è protratto per secoli: principi, papi e re si sono pregiati di aver creato collezioni d’arte preziose, dato lustro ad artisti eccezionali. Sembra quasi che, senza il potere, l’arte non avesse ragione d’esistere.

Diego Velázquez, Las Meninas, (1656-1657),

Museo del Prado, Madrid, Spagna

Il trascorrere del tempo e i capovolgimenti politici oltre che tecnologici hanno però cambiato il modo di fare arte e soprattutto il modo di gestirne la sua destinazione oltre che fruizione.
A partire dal XVIII secolo, l’arte non è più qualcosa a disposizione di pochi privilegiati: nascono i primi musei moderni che conservano tra le loro mura opere che entrano a far parte dei patrimoni di intere nazioni e dei loro abitanti.
Un secolo dopo, la definizione di ciò che è arte cambia ancora le sue regole: nel 1863, a Parigi viene inaugurato il Salon des Réfusés e con esso si può dire che prende vita il mercato dell’arte inteso nel senso più moderno: i quadri rifiutati dagli accademici, perché irrispettosi dei canoni classici, trovano un loro pubblico, ammaliato e appassionato, pronto ad acquistare quelle opere.

Edouard Manet, Le Déjeuner sur l’herbe, 1863,

© RMN-Grand Palais (Musée d’Orsay), Parigi, Francia

L’arte diventa più libera, i suoi canoni meno rigidi.
Con l’avanzare del ‘900, la tecnologia mette nuovamente in crisi la pittura che non si sente più motivata a essere semplice rappresentazione della realtà: le nuove realizzazioni d’arte cominciano a esprimersi attraverso linguaggi sempre più astratti ed elitari, non sempre di immediata comprensione e approvazione. L’arte contemporanea sembra essere una cosa per pochi.

Vassily Kandinsky, Composition IX, 1936,

Centre Pompidou, Parigi, Francia

Non solo l’arte cambia, ma anche la società cambia e con essa lo spazio urbano. La città in primis, con l’avvento dell’industrializzazione e l’abbandono delle campagne, prende una nuova forma.

La grande narrativa del secolo scorso, come l’arte figurativa degli stessi anni, ci restituisce l’immagine della città moderna come quella di un luogo in continua espansione, i cui margini, periferie, sono dei luoghi indefiniti, dall’aspetto anonimo, brulicanti di nuove abitazioni e pochi servizi.
Nelle periferie c’è degrado, emarginazione sociale, desolazione, quasi a dimostrare che maggiore è la distanza dal centro urbano, maggiore è l’indifferenza verso questi spazi.
L’arte pittorica, rinchiusa in antichi edifici, grandi musei o altezzose gallerie, non sembra appartenere a questi luoghi.
Eppure, è proprio in questi luoghi “non luoghi” che prende piede e si sviluppa quella che, a oggi, è ritenuta la più innovativa e controversa espressione d’arte del nuovo millennio: la Street Art, l’arte di strada.

Dopo più di 15.000 anni, l’uomo, attraverso un segno sul muro, trasmette di nuovo la sua identità. Le finalità sono diverse, ma l’istinto è lo stesso.
La storia dell’arte, forse anche inconsciamente, ha trasmesso la sua lezione e ora i nuovi artisti usano la forza evocativa delle immagini per comunicare le proprie idee, svegliare le coscienze, riscattare i luoghi da cui provengono.
La Street Art è facilmente fruibile da chiunque, i suoi messaggi sono immediati e, se anche si prestano a più chiavi di lettura, ogni osservatore può liberamente interpretarli come vuole. Per sua definizione e volontà, è arte per tutti. È arte a cui accedono tutti, che cerca tutti.

I graffiti in ambito urbano vedono partire la loro storia negli anni ‘70 nelle periferie di New York, dove grandi scritte colorate, pseudonimi identificativi detti tag, appaiono su qualunque superficie pubblica disponibile.

Dondi White, Children of the Grave Again, part 3,1980, New York. U.S.A. in Art in the Streets

Sono gesti fuori legge. Nei primi anni Ottanta le autorità newyorkesi intraprendono una vera e propria lotta contro il vandalismo dei graffiti, mentre istituzioni e gallerie d’arte incominciano a intravederne il potenziale artistico.

Artisti come Jean-Michel Basquiat e Keith Haring vengono colpiti dalle immagini create con le bombolette spray e cominciano a frequentare i gruppi underground che li realizzano. Loro stessi incominciano a esprimere la loro arte sui muri di New York. Quelli di Basquiat ed Haring non sono solo segni: sono veri e propri messaggi che danno forma e sostanza a tutte le tensioni culturali, sociali e razziali, che animano l’America di quegli anni.
Il graffito non è più solo una testimonianza della propria esistenza, si trasforma in un libero slogan, ambasciatore di messaggi universali, rivolti al più ampio pubblico possibile, che tramite esso riflette sulla realtà che lo circonda.

Jean-Michel Basquiat, A panel of experts,1982,

Montreal Museum of Fine Arts, Montreal, Canada.

Keith Haring, Crack is wack, 1986, New York, U.S.A.

Nell’Europa di quegli anni la storia dei graffiti invece è legata a Blek le Rat, fondatore del movimento dello Stencil.
Durante un viaggio negli Stati Uniti nel 1971, Blek scopre i primi graffiti a New York, che lo intrigano e lo impressionano profondamente. Tornato in Francia, prova a imitarli, ma senza troppo successo; dopo un decennio di studio di tecniche e di architettura, nel 1981, sceglie di esprimersi con la tecnica dello stencil. I suoi primi stencil rappresentano piccoli ratti neri che corrono lungo le pareti. Il ratto, l’anagramma della parola ART, è per Blek “l’unico animale che sopravviverà all’apocalisse”. Nel 1983, Blek inizia a dipingere figure umane, col passare del tempo i suoi lavori diventano sempre più un consapevole messaggio sociale.

Blek le Rat, 1986, Parigi, Francia

Blek le Rat, 1986, Parigi, Francia

A chi, trovandolo per strada intento a lavorare alle sue opere, lo interroghi su cosa stia facendo, risponde semplicemente “faccio arte”. Per sua definizione, le sue immagini sono un dono che egli fa alla città. In alcuni suoi graffiti sono citati i grandi classici come Caravaggio, Michelangelo, Reni o Leonardo da Vinci. “Vorrei far uscire i personaggi dai musei per restituirli alla gente della città“, scrive.

Intorno al 2000 la Street Art diventa una delle forme d’arte più note e ricercate, principalmente grazie all’artista inglese Banksy, che, ispirandosi inizialmente alle opere di Blek Le Rat, comincia a far parlare di sé attraverso i suoi graffitiapparsi prima a Londra e poi in altre parti del mondo (USA, Palestina, Cisgiordania, Francia, Italia, Ucraina). Le opere di Banksy, ironiche e dissacranti, usano lo sfondo urbano in senso più ampio, facendolo diventare parte dell’opera: segnali stradali, tombini, porte e altri oggetti sono parti integranti dei suoi lavori e anche il contesto, il luogo in cui appaiono, costituisce parte fondamentale del suo messaggio.

Banksy, Morning is Broken, 2023, Herne Bay, UK

Come Blek le Rat, spesso i suoi riferimenti e rielaborazioni richiamano opere d’arte del passato, quasi a creare un continuum, un dialogo ancor più profondo con la sua storia e i suoi significati.

Banksy, Simon Cowell Degas Canvas

Di forte connotazione sociale sono anche le opere del più famoso writer italiano, BLU, che dalla città di Bologna ha girato il mondo con i suoi graffiti.

BLU, per XM24, 2013, Bologna, Italia

BLU è entrato a pieno titolo nei dibattiti sulla Street Art a seguito della sua decisione di far cancellare in un’unica notte tutti i graffiti fatti sui muri della sua città, dove alcuni di essi erano stati strappati per essere esibiti in una mostra sulla Street Art e, a detta dei curatori, anche con lo scopo di salvare queste opere dal degrado del tempo.
BLU con la cancellazione si è opposto all’ “accumulazione privata” e “alla trasformazione della vita e della creatività di tutti a vantaggio di pochi”. Per quest’artista la Street Art non può abbandonare la sua originale vocazione, tanto è che, allo stesso modo, ha provveduto a far cancellare anche a Berlino in Cuvrystrasse, quartiere di Kreuzberg, un suo murale, pensato come riscatto artistico del degrado urbano del luogo, ma divenuto poi con il passare del tempo un arredo di lusso in un progetto di ristrutturazione residenziale per ceti abbienti.

La Street Art pone interrogativi e riflessioni che vanno oltre i suoi contenuti. La proprietà delle opere, fatte da persone effettivamente anonime, alla fine di chi è? Sempre e comunque dell’artista? Della società che lo accoglie? Del primo che se ne appropria? Al di là dell’ortodossia di BLU, negli ultimi anni in Italia come nel resto del mondo, la Street Art è sempre più legata alle pratiche di riqualificazione urbana, divenendo strumento di creazione del bello.
I graffiti oggi in un certo senso si sono evoluti: da semplici tag, hanno finito, forti del loro status d’opera d’arte, per trasformarsi in un oggetto caratterizzante il paesaggio urbano contemporaneo, consentendo a spazi abbandonati di venire sempre più inglobati nella città, essendo ricercati e apprezzati. La Street Art in questi casi non è un’opera illegale realizzata in una notte, ma è un progetto, pensato su commissione, espressione delle volontà di cittadini, società private, enti, istituzioni.
Ci sono piccole cittadine dimenticate, borghi quasi abbandonati che sono venuti alla ribalta della cronaca culturale perché hanno trasformato il loro paesaggio urbano, dando spazio ad artisti che in esse hanno realizzato i loro murales per raccontarne la storia e salvare questi posti dall’oblio.
È il caso di Aielli in Abruzzo, Orgosolo in Sardegna, Vernate in Piemonte, Osimo nelle Marche, Valogno in Campania e ce ne sono molti altri.

Marina Capdevilla, Nonne a la fresca, 2013, Aielli, Italia

Valentino Silvestre, La donna che raccoglie le stelle,

Valogno Borgo d’Arte, Sessa Aurunca, Italia

Lo stesso sta succedendo in quartieri di grandi città come Roma, Napoli, Milano e Torino. Ormai esistono tour guidati ed eventi dedicati al tema Street Art. In conseguenza di tutto ciò, anche da un punto di vista economico, la Street Art diventa un cambiamento, una piccola rivoluzione, diventa un’occasione di rivalsa e di recupero di territori, che sono in grado per questo di attirare da tanti punti di vista nuove risorse.

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Epilogo

Cara, Partenope, adesso ho capito qualche cosa in più di te… della storia e dell’arte che ti ha portato qui in mezzo a noi…

Tu, come altre opere sparse sui muri della nostra quotidianità, sei lì per noi, per le nostre vite…
Crei consapevolezza, mandi un messaggio.
In un periodo storico in cui la riflessione personale è appiattita da un approccio consumista, che vuol passare sempre velocemente al pensiero successivo, trovarsi faccia a faccia con un’opera come te fa pensare.
Questo succede tutti i giorni, ogni volta che si passa laddove la Street Art c’è.
Un graffito, un murale è sempre arte? Questo non lo so. Saranno, probabilmente, i critici e la storia a stabilirlo.

Sono convinta, però, che arte sia “rottura”; in altre parole che arte sia un percorso creativo che interrompe quella ripetitività anche estetica a cui alle volte si è assuefatti. È la capacità di cambiare il punto di vista.
L’Arte non deve assecondare, non deve rassicurare, deve rompere gli schemi e far pensare. Senza dubbio qualsiasi osservatore, anche il più superficiale, non potrà restare indifferente al suo passaggio, davanti a te o qualsiasi altra opera, inevitabilmente dovrà farsi delle domande e trovare delle risposte…

Un muro è un’arma molto potente, è la cosa più dura con cui puoi colpire qualcuno”. Banksy

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Questo è un articolo interattivo, clicca sui testi in verde presenti sulle immagini e scoprirai di più sulle opere e sugli autori!

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